Atletica, Bolt: il lungo addio del velocista si tinge di giallo

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    Dopo il k.o. Usain rivela: “Il fastidio già in batteria, ho fatto la finale per dovere”. Ma i compagni accusano l’organizzazione: “Prima della gara ci hanno trattenuto a lungo. Ci siamo scaldati due volte e poi abbiamo dovuto attendere ancora”



    OCCHI LUCIDI — E’ un tripudio, una nuova dimostrazione d’affetto che commuove: tanti hanno gli occhi lucidi. Lui in primis. Gli regalano un angolo di pista, lo fanno abbracciare dai bambini e da mamma e papà, gli sparano a tutto volume le note di “Reggae Night”, di “Jammin” e di “Everything’s gonna be all right”, grandi successi di un altro grande giamaicano, Bob Marley. Usain si ferma all’altezza della partenza dei 200 e dei 100, fa ripetutamente il segno della croce, la “sua” freccia e si fa vincere dalla malinconia. Che differenza con Mo Farah che ancora ieri se l’è presa con la stampa britannica che lo accusa di doping...

    CONFERENZA STAMPA — Quindi, in una affollata conferenza stampa nel ventre dello stadio, si racconta ancora una volta, probabilmente l’ultima nei panni di atleta. Cos’altro può aggiungere a quel che in questi giorni ha ripetuto decine di volte? Nelle ore precedenti ha però spiegato che non avrebbe dovuto correre la finale della 4x100. “In mattinata — ha detto — durante la batteria, alla coscia sinistra che poi mi ha tradito, ho avvertito un fastidio o qualcosa di più. Sono stato in dubbio sul da farsi, molti mi hanno consigliato di rinunciare. Persino Eddy, il mio fisioterapista, che mi ha a lungo trattato tra una gara e l’altra, mi ha chiesto se pensassi fosse davvero il caso. Gli ho risposto che per me non era più una questione di ‘volere’, bensì di ‘dovere’”.

    I RETROSCENA — Sabato notte, dopo il fattaccio, non aveva dato notizie di sé per oltre due ore. Fino all’apparizione di un video postato su Snapchat, che lo ritraeva a petto in giù mentre veniva massaggiato su un lettino. “Non era certo questo il modo col quale avrei voluto dirvi addio — diceva rivolgendosi ai propri fans —. Ho dato tutto me stesso, come sempre. Mi spiace non essere nemmeno riuscito a salutarvi, ma sarò allo stadio domani e mi farò vedere”. Promessa mantenuta. Resta il dubbio, non chiarito dal dottor Kevion Jones, medico della Nazionale giamaicana, se si è trattato di un crampo o di uno stiramento. Ma, ora, importa? “Prima della finale — dice Usain di fronte a taccuini e microfoni — ci hanno fatto attendere 15-20’ e l’umidità non mi ha aiutato”.

    LA POLEMICA — I compagni avevano attribuiscono l’accaduto proprio a quello. “Ci hanno trattenuto a lungo — si è lamentato Yohan Blake, che a Bolt aveva passato il testimone —. Usain aveva freddo e a un certo punto mi ha detto ‘Questi sono matti’. Ci siamo scaldatati due volte e poi abbiamo dovuto attendere ancora”. “E’ stato tutto ridicolo — ha commentato il primo frazionista Omar McLeaod, iridato dei 110 hs — è stato impossibile non raffreddarsi”. Tutti gli avversari hanno espresso solidarietà al Lampo. Justin Gatlin in testa: “Mi spiace per quanto accaduto — ha detto lo statunitense, da sempre suo acceso rivale — ma non saranno questi Mondiali a sporcare quel che Usain ha fatto. Comunque scommetto un milione di dollari che entro un paio di anni tornerà...”. E se avesse ragione? “Non farò quella fine” garantisce lui. Poi ringrazia e saluta. Buon tutto, Usain.

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